By: staff
30/07/2021

Raggi, Gualtieri, Calenda primo confronto con rissa, e Michetti se ne va

Il faccia a faccia fra i quattro candidati a sindaco di Roma

 

di Sergio Rizzo – I colpo di scena si verifica quando i tempi supplementari sono già iniziati. Michetti “Chi?” Enrico si alza e abbandona il palco allargando le braccia. Mentre mormora «una rissa!», giù nel prato un piccolo manipolo di suoi sostenitori (e collaboratori) si spella le mani. La “rissa” che ha scatenato la teatrale reazione del candidato del centrodestra alla poltrona di sindaco di Roma sarebbe quella scoppiata fra Roberto Gualtieri e Carlo Calenda sui reciproci programmi per liberare Roma dall`assedio dei rifiuti, in verità con tratti assai simili, con il primo che dà del «cerchiobottista» al secondo e il secondo che lo apostrofa con un «eh no, bello della casa…». In certi talk show televisivi si vede di molto peggio, senza che nessuno per questo se ne vada indignato. Neppure Michetti “Chi?”, per quello che si può ricordare. E anche al primo dibattito pubblico fra i quattro principali candidati alle comunali romane di ottobre, organizzato nei giardini della meravigliosa Casa dell`architettura all`Esquilino nessuno si sarebbe stupito se fossero volati gli stracci. Tante, e così velenose, erano state le stoccate che l`avevano preceduto. Invece qui si comincia a colpi
di fioretto. Virginia Raggi paragona Roma a una Ferrari che lei avrebbe trovato grippata, e che si vanta di aver rimessa in moto? Calenda in Ferrari ci ha lavorato e le rinfaccia che la città è purtroppo rimasta come il modello 348, «quella che non gli entravano le marce», per concludere che «Roma è l`unica capitale al mondo che cresce meno del proprio Paese, fra rifiuti, trasporti e degrado è una città che non esiste…».

Difficile smarcarsi, anche per una come la sindaca che in cinque anni si è fatta crescere pian piano addosso una corazza impenetrabile. La stessa persona che cinque anni fa si presentò all`inaugurazione della Nuvola di Massimiliano Fuksas demolendo quell`opera di architettura come fosse un monumento allo spreco e al malaffare, dopo aver respinto le Olimpiadi del 2024 al pari di una cospirazione dei poteri forti mondiali, rivendica oggi davanti agli architetti il riconoscimento assegnato a Roma «da Standard & Poor’s» sulla sostenibilità economico-finanziaria della capitale. Nientemeno. Non fa una piega, Raggi, neppure quando è Gualtieri a ricordare che gli uffici comunali «sono in condizioni drammatiche» prefigurando nuove infornate di personale, o Calenda fa presente come per smaltire l`arretrato del condono edilizio «agli attuali ritmi ci vorrebbero centottant`anni» addentrandosi nella spiegazione di come ha rimesso in riga gli uffici del suo ministero dello Sviluppo. Giusto in tempo per offrire a Gualtieri l`opportunità di rammentare alla platea di essere stato anch`egli in un governo, e disposto a «portare la mia esperienza di ministro che ha fatto cose che mai erano state fatte prima…». Piccole schermaglie, e pure abbastanza scontate. Prima di quello che non t`aspetti. Succede quando a Michetti, quello che si è ribattezzato ironicamente “Michetti chi?” sui manifesti con cui ha tappezzato la città, viene chiesto qual è la sua idea di Roma. È allora che finalmente capiamo perché l’aspirante sindaco del centrodestra che non stravede per i vaccini sponsorizzato da Radio Radio ha consigliato il «più igienico» saluto romano alla toccatine gomito-gomito anti-Covid. Non per le nostalgie fasciste, bensì imperiali: «Roma è un sogno. Ha avuto momenti bui, ma si è sempre ripresa. Dopo Cesare, Ottaviano mise la testa sulle istituzioni e la fece rinascere. Così per cinque secoli. Mai i romani avrebbero costruito le Piramidi, perché quelle servivano a un uomo solo, invece a Roma la centralità era per i cittadini. Fin da Romolo e Remo». E non cede neppure quando Calenda lo infilza con la storia della Domus aurea di Nerone, «che quella non era certo per i cittadini». Insiste. «Guardate gli acquedotti. Durante l`impero portavano a Roma tanta acqua quanta ne arrivava nel 1960. Nel 1960!». Finché, per non apparire fossilizzato sui fasti imperiali, dopo aver proclamato «la Roma dei Cesari un modello di successo» sfodera un`ardita metafora michelangiolesca: «Digitalizzare? Macché, quello che fa il cervello umano la macchina non può farlo. Invece bisogna semplificare, come ha fatto Michelangelo. La Pietà non è una grande semplificazione?». Bocche aperte nelle prime file. Sguardi stralunati più indietro. Risatine in fondo. La semplificazione michelangiolesca del blocco di marmo tuttavia non chiude la fase del surrealismo michettiano. Il candidato del centrodestra si spinge a proporre un piano turistico «di area vasta» fino a Caserta (Caserta!), a patto che anziché con i treni dei pendolari «che ci mettono un`ora e mezza» i turisti possano arrivare alla reggia con l`alta velocità. Che, per inciso fra le due città c`è già da un pezzo. Resta solo un dubbio: avrà condiviso questa prospettiva imperiale con la candidata vicesindaca Simonetta Matone? A proposito, dov`è finita? La soluzione al prossimo round (forse).

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